Romania, morte per randagismo
Article originally published by Osservatorio Balcani e Caucaso
Bucarest, un cane randagio attacca e uccide un bambino di 4 anni. Un’altra vittima del problema del randagismo in Romania, per il quale le autorità stentano a intraprendere azioni risolutorie. Una questione che incide, pesantemente, sulla quotidianità dei cittadini e sui diritti degli animali senza dimora
Lo scorso 1° settembre è stato un giorno triste. Un bambino di appena quattro anni è stato ucciso da cani randagi a Bucarest. La nonna aveva portato al parco i suoi due nipotini di 4 e 6 anni. I bimbi si erano allontanati un po’ da lei per giocare. Il nipotino più grande è tornato con una ferita alla gamba, mentre il fratello minore è stato ritrovato senza vita, vittima di un attacco di cani randagi. Le autorità hanno dichiarato che il bambino si trovava su un terreno privato e quindi declinano qualsiasi responsabilità.
Si tratta di un evento tragico che dimostra senza pietà quali siano i rischi connessi al randagismo nella capitale romena dove gli attacchi di cani randagi alle persone sono frequenti. Io stessa due anni fa sono stata vittima di un attacco simile, ma per fortuna ne sono uscita solo con una ferita ad una gamba e con una nuova, profonda paura per gli animali noti come „migliori amici dell’uomo”.
Il problema del randagismo in Romania non colpisce solo Bucarest ed è legato a diversi fattori ma soprattutto dalla mancanza di un programma di sterilizzazione dei cani senza casa e una seria campagna di sensibilizzazione della popolazione sull’abbandono degli animali domestici. Mentre le autorità latitano, solo alcune organizzazione della società civile cercano soluzioni concrete come l’Onlus Save the Dogs con sede a Milano in partenariato con associazioni romene.
Anche in questo momento, un branco di cani randagi sta girando per il mio quartiere. C’è una strada vicino alla casa dove abito dove il branco staziona ormai in maniera costante, tanto che la gente non vi passa più. L’ho scoperto una di queste sere, rischiando un secondo attacco quando sono uscita a correre. Esatto, non si può uscire a correre o a fare una passeggiata per il mio bel quartiere, in pieno centro della città. O almeno, non si può andare dove si vuole: bisogna sempre tener conto del „rischio” cani randagi, come in montagna si tiene conto del pericolo valanghe o chissà quali altri pericoli naturali.
La risposta delle autorità a ciò che è avvenuto lo scorso 1° settembre sembra equiparare gli attacchi di cani randagi a una tragedia naturale contro la quale non si può fare niente. Alcuni paesi hanno le valanghe. Altri hanno gli tsunami. Altri ancora hanno le zanzare malariche. Noi abbiamo i cani randagi.
Che fortuna… In fondo, si tratta pur sempre dei migliori amici dell’uomo. Questo forse ci consolerà la prossima volta che la „calamità naturale” dei cani randagi, porterà per l’ennesima volta a una tragedia simile a quella avvenuta ieri, senza che il governo o le autorità locali affrontino seriamente il problema.
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